Tipologie
Sommario: Convenzioni rappresentative - Soluzioni monocodice e bicodice - Interazione dei codici - Studio delle tipologie - Le tipologie matematicamente condizionate [T.M.C.] - Tipologie monomodulari, bimodulari, trimodulari, plurimodulari - Repertorio - Schemi-radice.
Figura. Pianta delle lesene. Scorrendo ininterrottamente sui piani murari del Duomo, le lesene disegnano tre grandi circuiti: uno esterno [articolato in due valve simmetriche] e due interni [sequenze sulle strutture centrali del Grande Presbiterio]. In rosso, per convenzione, sono indicati i codici identificativi delle lesene del lato destro, in blu quelli delle lesene del lato sinistro.
[AL POSTO DELL'INDICAZIONE CODIFICATA DELLE LESENE, INSERIRE QUELLA DI ALCUNE TIPOLOGIE, AD ESEMPIO LE BITRIANGOLARI, A STELLA A OTTO PUNTE AGUZZE, A RUOTA]
Convenzioni rappresentative
Si riassumono le principali convenzioni rappresentative:
1. Il testo figurativo di una lesena è un'aggregato mono-assiale di unità modulari identiche. Il suo studio e la sua rappresentazione non possono, pertanto, che riguardare il singolo modulo o una breve sequenza di essi.
2. I parametri dimensionali delle lesene, ossia i dati relativi alla larghezza della cornice, a quella dell'alveo, della fascia musiva e dei listelli, sono ricavati dalla lettura dei dati del rilievo, ad altezza corrispondente a quella dell'occhio umano dal piano pavimentale.
3. Ai lati delle lesene è solitamente inserita l'indicazione del tratto iniziale delle contigue specchiature marmoree, considerate contrappunto e sfondo dell'immagine.
4. La larghezza dell'inserto figurativo in mosaico è equiparata alla larghezza dell’alveo della lesena, al netto, ovviamente, delle cornici.
5. La larghezza media della cornice a tondino è cm 3,825; non è stata rilevata la lunghezza delle singole stecche. Le scansioni che modulano, graficamente, il decorso della cornice sono usate per indicare l'entità del passo modulare e il ritmo di fluenza del testo.
6. La sottile striscia di agio tra fascia musiva e sponde della lesena - di entità mai superiore al mezzo centimetro per lato - è resa, in modo simbolico, con uno scarto minimo, che denota la discontinuità tra inserto e alveo.
7. Omessa l’indicazione degli interstizi tra le crustae, in quanto evenienza del tutto accidentale, estranea alle leggi sintattiche della composizione.
8. A parte le generali ed inevitabili approssimazioni di resa del valore cromatico, lo scarto tra la tonalità reale e quella riprodotta risulta tanto più sensibile nella trasposizione dell’oro, in quanto sostituito dal giallo, e del verde, in quanto sostituito da una tonalità decisamente meno cupa di quella usata, in particolare, nel ciclo delle navate, dove esso si confonde, spesso, col nero.
9. Ignorate anomalie e irregolarità figurative attribuibili a circostanze accidentali, a sviste, a carenze di tipo esecutivo [distrazione, sciatteria, tentativi maldestri o pasticciati o poco scrupolosi di restauro, ecc.].
10. In sede di riproduzione dell'opera, l’impianto figurativo, il dimensionamento e il rapporto delle parti, dipendono rigorosamente dalla particolarità e dalla struttura dello schema geometrico sotteso al disegno del testo. E' il riferimento a tali schemi che dà rigore sintattico all'enunciato, giustifica l'assetto compositivo, e rende esattamente determinabili gli ordini di grandezza degli elementi.
11. Nel caso delle tipologie matematicamente condizionate [enunciati la cui struttura figurativa è resa possibile dalla calcolata calibratura dei listelli], la larghezza delle tracce risulta dal calcolo di compatibilità figurativa. La misura può, dunque, discostarsi da quella effettivamente rilevata. Quest'ultimo aspetto consente di cogliere più agevolmente la distanza tra l'automatismo di un'operazione di copia [ricalco] e la riproduzione dell'opera, intesa come suo autonomo rifacimento.
L’INDICAZIONE DELLE SPECCHIATURE MARMOREE
Ai lati della fascia musiva e della cornice a tondino è inserita l’indicazione dell'attacco della lastratura marmorea anche nei casi in cui, per effetto di collocazioni particolari [ad esempio, le collocazioni angolari], essa sia, in realtà, del tutto mancante o di larghezza inferiore a quella convenzionalmente indicata. [Figura: applicazione 148/S]
LUNGHEZZA E LARGHEZZA DELLA CORNICE A TONDINO
L’indicazione dei tagli orizzontali che scandiscono il decorso della cornice è usata come indice della lunghezza del passo modulare del brano inserito nell’alveo della lesena. Come tale, essa fornisce la percezione immediata della cadenza più o meno incalzante con cui le unità modulari si susseguono nello sviluppo della fascia.
Alla larghezza del tondino è attribuita una dimensione media di cm 3,825, calcolata sulla base dei dati dei rilievi effettuati su una consistente campionatura.
[In figura, da sinistra a destra, lesene 065/S 250/D 162/D 070/D 197/S.]
L’INDICAZIONE DEGLI INTERSTIZI [LATERALI] TRA FASCIA MUSIVA E CORNICE A TONDINO [SCARTO TRA ALVEO E FASCIA MUSIVA]
L’esigenza, del tutto esecutiva, di sottodimensionare la larghezza della fascia musiva, allo scopo di garantirne il più agevole inserimento nell’alveo marmoreo, è, ovviamente, estranea all’intento di riprodurre l’aspetto compositivo dell’opera, in una stesura immune dai compromessi e dagli espedienti realizzativi.
L’esistenza degli interstizi – costituendo, in fase di montaggio, una via laterale di deflusso del di più della malta di sottofondo - fissa il tempo d’installazione degli inserti musivi a un momento successivo a quello di applicazione dell’incrostazione marmorea della parete.
Nelle riproduzioni del Repertorio, un impercettibile stacco tra cornice e fascia musiva allude, simbolicamente, allo scarto tra larghezza dell’alveo e testo figurativo.
DETERMINAZIONE DELLA LARGHEZZA DELLE TRACCE (CODICE B)
Nelle tipologie matematicamente condizionate la larghezza delle tracce è determinata dal calcolo di compatibilità figurativa. Essa, pertanto, non è un dato, ma il risultato di una ricerca sulle condizioni di esistenza di un particolare dispositivo iconografico.
Negli altri casi, quando manca o non si è giunti al reperimento della frase condizionale, si fa riferimento agli effettivi parametri dimensionali forniti dal rilievo.
Soluzioni monocodice, bicodice, ambigue
Figura. Esempi di applicazioni bicodice [026/S e 075/S] e monocodice [196/D]. La collocazione delle lesene monocodice interessa esclusivamente gli spazi e le strutture murarie del Grande Prebiterio.
Sotto il profilo delle modalità di formulazione del testo figurativo, una soluzione è generalmente il risultato dell'interazione di due diversi e complementari codici di redazione, convenzionalmente denominati codice A e codice B. I modelli compositivi e le redazioni che impiegano entrambi i codici sono detti bicodice; monocodice gli altri. Una formulazione bicodice è una formulazione intrinsecamente problematica [in quanto presuppone l'esatta, preventiva determinazione dei parametri necessari a definirne la configurazione] e mutevole [in quanto si modifica al mutare di quei valori].
I parametri necessari alla redazione di una soluzione bicodice sono due: la larghezza "l" dell'alveo e la larghezza "s" delle tracce. Il primo, in quanto dato, è una variabile indipendente; il secondo - si pensi alle tipologie matematicamente condizionate - è una grandezza che va esattamente determinata in funzione della particolarità iconografica del dispositivo di riferimento.
Figura. Repertorio di fasce musive in ordine crescente di larghezza [primo parametro]. La sequenza consente di valutare l'aspetto relativo alla variazione dimensionale dei testi e l'entità dell'escursione tra la minima e la massima larghezza. Nel nostro caso, tale escursione oscilla da un valore minimo di 5,50 cm a un valore massimo di 30,70 cm.
Figura. Il secondo parametro, ossia il valore relativo alla larghezza delle tracce, è convenzionalmente indicato dalla lettera "s". Come si evince dai grafici, esso non ha un valore costante. Negli esempi proposti i dati dimensionali sono, rispettivamente, 0,7, 0,85 [T.M.C.], 1,00, 1,15 [T.M.C.] cm.
Interazione dei codici: complanarità e spazialità
Nell'ambito delle soluzioni bicodice, il rapporto tra le componenti A e B del testo è un rapporto mutevole: in alcuni casi la componente A prevale sulla componente B, in altri è l'opposto.
In generale, muovendosi nello spazio figurativo, le tracce s'intersecano, determinando l'apparente sovrapposizione dell'una sull'altra. Il criterio che ne regola l'ordine è quello dell'alternanza: se in un nodo la traccia "a" passa sopra la traccia "b", in quello successivo tale ordine s'inverte.
In molti casi il decorso delle tracce occupa vari, distinti ed autonomi, livelli di profondità, e le sovrapposizioni che si verificano riguardano esclusivamente segmenti diversi di una stessa traccia.
Figura. Sopra: Esempi di equilibrato rapporto delle due componenti. Sotto: Esempi di prevalenza del codice A sul codice B.
Figura. Applicazione 022/D. Muovendosi nello spazio compositivo le tracce s'intersecano l'un l'altra, oscillando da un livello di profondità all'altro. Il caso dell'applicazione 022/D costituisce un'eccezione, non solo per il numero di tracce e la pluralità di livelli interessati, ma, soprattutto, per l'assenza d'interazioni.
Figura. Le soluzioni, riproposte con risalto della trama e della pluralità delle tracce, costituiscono esempi di prevalenza del codice B sul codice A. Gli esempi sono relativi a soluzioni della Sotto-sequenza settentrionale del Coro.
Applicazioni - Tipologie - Schemi-Radice
Una tipologia è convenzionalmente indicata dal codice che ne identifica la prima applicazione nella sequenza di lesene del circuito destro del Duomo [semicircuito esterno destro, circuito interno destro]. La scrittura "tip. 020/D" indica, pertanto, la tipologia la cui prima applicazione è quella della lesena 020/D.
Una soluzione esecutiva è generalmente il risultato dell'applicazione di una determinata tipologia figurativa, e questa, a sua volta, deriva dall'elaborazione di uno schema iconografico ancora più generico della tipologia [schema-radice]. I termini applicazione e soluzione figurativa, in questo contesto, sono usati come sinonimi.
Figura. La semplificazione dell'immagine mette a nudo stadi evolutivi di progressiva generalizzazione della struttura iconografica. Allo stadio di massima semplificazione [D] corrisponde ciò che definiamo schema-radice. Ogni determinazione tipologica procede, ovviamente, dall'applicazione di tale schema e ne costiutisce la prima filiazione. Le soluzioni esecutive, ossia i dispositivi osservabili sulle pareti della Basilica, rappresentano determinazioni applicative ulteriori e finali. [A e B: Modulazioni tipologiche. C: Approssimazione pre-tipologica. D: Schema-radice.]
Avvertenza! Nelle indicazioni di quotatura aggiunte a vari disegni, manca il segno di radice quadrata. L'inconveniente, di cui ci scusiamo, è dovuto ad una incompatibilità tra il programma di elaborazione grafica e quello d'inserimento nel web.
Figura. Le soluzioni rappresentano applicazioni di quattro distinte tipologie derivate tutte da un medesimo schema-radice. Sotto il profilo genealogico, l'applicazione può dunque considerarsi una filiazione di seconda generazione e la tipologia un'applicazione di prima generazione.
Figura. Dall'osservazione dei quattro grafici risulta evidente la derivazione delle tipologie da un unico schema-radice.
Studio delle tipologie
Il procedimento standard di studio di una tipologia si articola nelle seguenti fasi:
- separazione delle componenti linguistiche del testo [codici A e B];
- studio della trama [decorso e classificazione dinamica delle tracce];
- scomposizione della compagina cromatica;
- studio degli effetti d'interazione progressiva dei codici;
- estendibilità nello spazio bidimensionale [simulazioni a tappeto].
La scomposizione della compagine cromatica è uno dei modi - forse il più semplice e immediato - di sfruttare le opportunità della riproduzione digitale di un'opera. Isolando le varie componenti, se ne possono cogliere le dislocazioni, le consistenze, i rapporti. Nelle tavole in basso, si può osservare, ad esempio, come l'uso del nero si limiti al contorno della forma dodecagonale, e come il verde e il rosso si spingano fino al nucleo del dispositivo iconografico e lo caratterizzino cromaticamente.
I disegni sottostanti mostrano un esempio di studio dinamico dei rapporti di interazione tra i codici A e B. A parità di larghezza del modulo, si rileva come, al crescere della dimensione delle tracce da filiformi a obese corrisponda, simmetricamente, la progressiva riduzione di consistenza della compagine in codice A, e l'accorciamento del passo modulare. Il problema di chi procede alla riproduzione di un modello, o di chi voglia applicare una determinata nuova tipologia figurativa bicodice, consiste, quindi, nella preliminare ricerca del giusto valore da attribuire a tale parametro.
Nel caso in cui si debba o voglia procedere alla riproduzione di una determinata soluzione figurativa, è evidente che i dati del rilievo non possono fornire nulla più che un'indicazione di ordine di grandezza dei parametri. Essi hanno un valore approssimativo e lasciano indeterminata la definizione esatta del parametro considerato. Ogni loro utilizzazione costituirebbe un atto destituito di oggettiva motivazione, se non fosse fondato su considerazioni, che rendono necessaria ed univoca la scelta di quel determinato valore. Dobbiamo, dunque, ipotizzare l'esistenza di una particolarità enunciativa del testo, cui attribuire la funzione di fondamento di validità di una determinata scelta di valore. L'individuazione della frase condizionale assume il significato di ciò da cui discende la legittimazione della struttura compositiva dell'opera. Alla frase condizionale si collega, in particolare, la trattazione e lo sviluppo delle cosiddette tipologie matematicamente condizionate.
Tipologie quadrate - Tipologie rettangolari
Figura.
Figura.
La quadrattura [in senso geometrico] di una tipologia è misurata dal rapporto tra larghezza [parametro "l"] e altezza [parametro "h"] del modulo: l/h. Nel caso dell'applicazione 039/D, tale rapporto è superiore ad 1 in quanto "l" è maggiore di "h"; nell'applicazione 009/D, il rapporto è inferiore ad 1 risultando "l" minore di "h"; nell'applicazione 028/D, infine, è uguale ad 1 per essere "l" uguale ad "h".
Tipologie Matematicamente Condizionate [T.M.C.]
Il caso delle tipologie biquadratiche
Figura. I moduli delle lesene 167/S e 176/D sono esempi di uso contornativo o interconnettivo delle tracce. Nei grafici che seguono è possibile osservare gli effetti della variazione del parametro "s" in simulazioni relative alla prima e seconda specie di tracce.
Figura. Dall'alto in basso e da sinistra a destra. Negli esempi della sequenza superiore i settori compositivi laterali e intermodulari non subiscono alcun ridimensionamento per effetto della variazione di larghezza della traccia. Negli esempi della sequenza inferiore, i settori laterali restano inalterati, ma quelli intermodulari si schiacciano progressivamente. In entrambi i casi, il settore centrale si riduce sempre di più, ma in modo proporzionale [similitudine].
Figura.
Figura. Costruzioni teoriche con configurazioni sublimi.
Figura. Costruzioni teoriche di configurazione con tracce esili od obese.
Il caso delle tipologie bitriangolari
Tipologie mono e bimodulari - Soluzioni mono e multimodulari
L'impianto figurativo di una tipologia bicodice è dato dalla parte di testo in codice B. Esso può essere mono- o bimodulare, secondo l'ampiezza delle articolazioni iconografiche. Non è sempre facile riconoscere la bimodularità di una tipologia: è necessario distinguere i casi di autentica bimodularità da quelli di apparente bimodularità, caratterizzati dall'uso di dispositivi ipertrofici di connessione dei moduli.
[ESEMPI]
Bimodularità applicativa e Bimodularità tipologica
La prima è connessa allo stile dell'enunciato, al repertorio lessicale [004/D, 007/D] e fraseologico [166/S] della composizione; la seconda, alla struttura del dispositivo [la componente espressa in codice B], al contenuto dell'enunciato [appl. 104/D].
Repertorio delle Tipologie
Tipologia [1/D]
Tipologia [2/D]
Tipologia [3/D]
Tipologia [4/D]
Tipologia [5/D]
Tipologia [6/D]
Tipologia [7/D]
Tipologia [8/D]
Tipologia [9/D]
Tipologia [10/D]
Tipologia [11/D]
Tipologia [12/D]
Tipologia 13/D
Tipologia [14/D]
Tipologia [15/D]
Tipologia [16/D]
Tipologia [17/D]
Tipologia [23/D]
Tipologia [22/D]
Tipologia quadrata bicodice. Consistenza applicativa: 4 unità [2 per lato della Basilica].
Tipologia [32/D]
Tipologia rettangolare bicodice. Consistenza applicativa: 6 unità [3 per lato della Basilica].
Tipologia [21/D]
Schema-radice: Bitriangolare di tipo B.
Tipologia [26/D]
Schema-radice: Esagonale.
Tipologia [36/D]
Schema-radice: Esagonale.
Figura. In una tipologia iperquadratica il passo del modulo è maggiore della sua larghezza [larghezza dell'alveo]; in una ipoquadratica, il passo è inferiore alla larghezza; in una quadratica, è uguale.
Tipologia [25/D]
Schema-radice: Bitriangolare di tipo A.
Tipologia [33/D]
Schema-radice: Bitriangolare di tipo A.
Tipologia [34/D]
Schema-radice: Bitriangolare di tipo A.
Tipologia [199/S]
Schema-radice: Bitriangolare di tipo A [o Bitriangolare misto].
Tipologia [128/S]
Tipologia [144/D]
Tipologia [147/S]
Tipologia [38/D]
Tipologia [39/D]
Tipologia [27/D]
Repertorio degli Schemi-radice
Sommario: Bitriangolare - Esagonale - Quadrangolare - Ottagonale
Schemi bitriangolari
A-B-C: Schema bitriangolare di tipo A [Tipologie 25/D, 33/D, 34/D]
D-E-F: Schema bitriangolare di tipo B [Tipologia 21/D]
G-H-I: Schema bitriangolare misto congruente [Tipologia 128/S, 144/D]
L-M-N: Schema bitriangolare misto non-congruente [Tipologie 147/S, 199/S]
Lo schema bitriangolare risulta dalla sovrapposizione concentrica di triangoli equilateri congruenti. Secondo il loro orientamento, distinguiamo uno schema bitriangolare di tipo A [sequenza A B C] e uno schema bitriangolare di tipo B [sequenza D E F]. Lo schema bitriangolare misto deriva dall'unione dei due precedenti.
Figura. Schema bitriangolare di tipo A.
Figura. Schema bitriangolare di tipo B.
Figura. Schema bitriangolare misto congruente.
Figura. Schema bitriangolare misto non-congruente.
Schemi quadratici
Sommario: Monoquadratico - Biquadratico - Multiquadratico
Figura. Schemi monoquadratico [A], biquadratico [B], multiquadratico [C].
Figura. Schemi biquadratici congruenti [D] e non-congruenti [E-F].